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Essere felici per rendere felici

Una giornata di giochi spensierati in occidente può produrre benessere e sostentamento dall’altra parte del mondo

Riguardo le foto e mi ricordo del caldo afoso di quella domenica. Ci avevamo provato anche due settimane prima, ma un temporale ci aveva fermato. Finalmente l’evento “Aiutiamo divertendoci” si concretizza. Un posto nella campagna bergamasca, un gruppo di persone certe che fare del bene significhi anche stare bene. Una mail che gira tra contatti già consolidati e che apre anche a nuovi amici. Così oltre 100 adulti e tanti, tanti bambini arrivano: che la festa abbia inizio.

Riguardo le foto e mi ricordo che ho conosciuto Stefano, l’organizzatore della giornata, ormai tanti anni fa. Ci siamo sempre incrociati, parlando di interessi comuni (la fotografia e il cinema, principalmente) finché ad un certo punto ho scoperto che “aveva mollato tutto” ovvero lasciato la sua carriera. Ora insegna yoga e una volta all’anno va in Nepal a fare il volontario in una scuola. E mi è chiaro che da quando la sua vita è cambiata, è cambiato anche il suo sorriso. Più aperto e profondo, come il riflesso di una luce interiore più intensa.

Di nuovo riguardo le foto e ricordando i momenti della giornata, penso che fare del bene sia creare dei legami. Sia creare un momento in cui ognuno porta ciò che ha (il tempo, lo spazio, l’esperienza, le capacità) e lo condivida, lo metta al centro e lo veda moltiplicarsi, invece che sparire. Penso ai bambini che si sono divertiti con le bolle giganti, incantati davanti alla storia di Ulisse che vaga nel Mediterraneo portandosi Itaca nel cuore, rinfrescati nella piscina, commossi davanti al racconto di bambini molto distanti da loro eppure identici a loro. Penso agli adulti che hanno cucinato, a chi ha ideato e venduto le t-shirts, a chi le ha comprate e a chi si è seduto con una bibita fresca in mano all’ombra degli alberi.

Riguardo le foto e mi appaiono i visi dei bambini della Tashi Orphan School che ho incontrato un mese dopo aver scattato queste foto. E penso che se avessi messo in una cassetta dei soldi destinati a loro non sarei arrivata a Katmandu per incontrarli. Sono arrivata da loro perché una rete di relazioni, incontri, incastri, casi, volontà mi ha portato lì. E quando ci sono arrivata ho scoperto che la beneficenza che avevo fatto era niente in confronto al bene che stavo ricevendo da quei bambini e bambine, ragazzi e ragazze che vivono dignitosamente in un quartiere quasi risparmiato dal terremoto e tuttavia in una povertà che noi, nati nel momento giusto e nella parta fortunata del mondo, non possiamo nemmeno immaginare. E forse non sappiamo più nemmeno immaginare la purezza di loro sentimenti, la fiducia incondizionata che regalano a chi arriva a Katmandu per loro.

Riguardo le foto e quel che mi affiora, e che forse finalmente dà un senso a ciò che ho provato a scrivere in queste righe, è il ricordo di una frase di Christopher McCandless, il viaggiatore americano morto tragicamente la cui storia ha ispirato il film Into the Wild: “La felicità è vera soltanto se condivisa”.

 

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La Tashi Orphan School è in Nepal, a Kathmandu.

Per aiutare a preservare la cultura e le tradizioni del Tibet e per dare un’educazione a bambine e bambini,

ragazze e ragazzi il maestro tibetano Lama Tashi, ha fondato l’Associazione culturale Tibetana e la Tashi Orphan School.

Per collaborare alla causa www.culturaletibetana.org