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Il valzer delle poltrone

Questa è una stagione che segna un primato inatteso per la moda: quello del maggior numero di direttori creativi che abbandonano il marchio per cui disegnano. Tutto era cominciato con la notizia (mesi fa) che Alexander Wang avrebbe presentato la sua ultima collezione per Balenciaga e in effetti così è stato.

 

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A distanza di tempo (e con le rotative pronte a stampare questo numero) Raf Simons dichiara di lasciare Dior per focalizzarsi sul proprio marchio creando il trambusto per le supposizioni sul suo successore.

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Infine, il giorno 28 ottobre, Lanvin ammette in una nota ufficiale che Alber Elbaz lascerà il marchio francese (di proprietà taiwanese) pochi giorni dopo aver dichiarato pubblicamente che “Più che direttori creativi oggi siamo degli image maker e il nostro compito è assicurarci che le donne risultino magnifiche nelle foto: il clamore sembra essere il nuovo credo mentre io preferisco sussurrare”.

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Per la moda forse è arrivato il momento di fermarsi a riflettere e capire che i ritmi attuali sono diventati poco sostenibili per soggetti come gli stilisti che fondano la loro professionalità principalmente sulla creatività e sulle nuove idee. La creatività non è un rubinetto che si può aprire o chiudere a piacere e in base alle esigenze del proprio datore di lavoro e, se si è obbligati a disegnare 6 o addirittura 8 collezioni l’anno, è pressoché impossibile mantenere il livello dell’offerta sempre al massimo perché le idee dopo un po’ terminano e i ritmi soffocano gli addetti ai lavori. Non credo sia necessario citare esempi estremi come Alexander McQueen o John Galliano e immagino che la questione sia sotto gli occhi di tutti perché a Raf Simons (solo per citarne uno) era richiesto di disegnare due collezioni di pret-à-porter, due di haute couture e due pre-collezioni l’anno. Forse è il momento di fermarsi (appunto) e trovare un modo più sostenibile per produrre nuove idee.

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