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Kuki de Salvertes, Totem

Collezioni Donna n. 175

MY WAY

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Vita e moda, connubio a tinte forti di Kuki de Salvertes

by Dina De Fina

Sono trascorsi  più di vent’anni: incontro e intervisto un punto di riferimento delle public relations nella città della moda per antonomasia, Parigi, presso Totem Girault, la sua agenzia di PR. Sono poche le volte che ti capita di pensare che sei nel luogo giusto con la persona giusta. Con Kuki de Salvertes, detto anche semplicemente Kuki è stata esattamente questa la sensazione. Lo rincontro in occasione della mostra “Une vie dans la mode”, dedicata ai suoi 30 anni (e oltre) nella moda e la sensazione è la stessa.

In una Parigi gelida di fine gennaio, la chiacchierata sotto i portici maestosi della Joyce Gallery nei Giardini del Palais Royal, con M. de Salvertes mi fa assaporare a tratti alcuni episodi della sua vita così fuori dagli schemi e così intensa, ne percepisco tutta la sua forza, il suo impeto, il suo istinto, la sua dissacrante e visionaria ostinazione, i suoi epici anni ’90, gli incontri emblematici con figure leggendarie della moda, e quelli determinanti che hanno pervaso di amore un percorso di contrasti, convinzioni, fede e rifiuto.La storia di Kuki è in fondo la storia di Totem ed è da qui che inizia la nostra conversazione.

È un binomio indissolubile: Kuki-Totem, Totem è dunque Kuki?

“ S’identifica a ragione Totem con Kuki de Salvertes perché Totem è la mia azienda di relazioni pubbliche che ho creato nel 1991. È là dove io sviluppo tutti i miei progetti. Non a caso la mostra spiega bene questa commistione: non esistono due vite, una personale e una professionale, è un tutto. Ci sono contaminazioni tra la vita e il lavoro che sono inevitabili. Nel lavoro come nella vita si possono incontrare amori, amici, ci si può innamorare di qualcuno che si ammira profondamente, un designer, un fotografo, non c’è separazione.

Definizione di moda per lei: si identifica con l’Amore o l’Odio?

“Assolutamente entrambi, perché non c’è solo un risvolto straordinario e meraviglioso,  ma due. E’ allo stesso tempo ti amo e ti odio, ti adoro e ti ucciderei, ci sono contemporaneamente sentimenti molto forti, ma estremi ed opposti. »

Dunque lei parla di Moda come professione di fede…ovvero ?

« È la mia vita, la moda, la mia passione, ciò che amo più di ogni cosa al mondo. Ho lasciato la mia famiglia all’età di 17 anni perché volevo lavorare in questo mondo, e mi ci sono imposto. E dopo 35 anni sono ancora qui e lo sarò ancora, anche se a volte è successo di soffrire, di avere sfortuna, ma alla fine è sempre la moda che mi tiene in vita. Perché è la vita per me »

Seguo i suoi occhi mentre mi parla di questo amore, si muovono fugacemente per salutare un invitato poi l’altro, abbracciare un amico, i suoi occhi brillano come quelli di un innamorato.

C’è stato un incontro indimenticabile? 

« Non uno, ce ne sono diversi; potrei sicuramente ricordare alcuni stilisti, come Raf Simons, Jeremy Scott, Bernhard  Willhelm, Olivier Theyskens, Alexandre McQueen e le grandi redattrici di moda, Jacqueline Manescau, Isabella Blow.”

A proposito dei designers belgi, che lei ha portato sulla scena negli anni ‘90, fino ad allora sconosciuti, pensa che negli attuali fashion designer emergenti ci sia una volontà di riprendere un po’  i concetti base, alla maniera belga appunto?

“Se si guardano i video e le foto di questa mostra, delle prime sfilate di Raf Simons, di Veronique Branquinho nel 1994, di Walter van Beirendonck, sono quelli che danno un senso alla mostra stessa. Nel 1996/97 i belgi che io avevo portato sulla scena  avevano gli stessi codici che hanno oggi Vetements, Y/Project. È per questo che sono orgoglioso di dire che la moda di oggi la rappresento io e gli stilisti con cui lavoro che ho identificato e imposto, da Parigi in poi.”

C’è qualche stilista oggi che merita di essere notato e di cui sentiremo parlare?

“Sicuramente l’inglese Richard Quinn, ha appena concluso i suoi studi alla Central Saint Martins di Londra ed è incontestabilmente il nuovo Alexander McQueen, è straordinario, ha un senso dei volumi, dei tagli, delle stampe mai visto finora. Riesce a fondere il romanticismo con il latex dei sexy shop, dando vita ad una silhouette così forte e sensuale fuori dal comune.”

Come definisce la haute couture di oggi:Haute Couture o piuttosto Prêt-à- Couture ?

« In realtà in giro non vedo della haute couture, è piuttosto un grande mix. Io credo che ciò che oggi si possa ancora definire haute couture sia l’artigianalità, il vero lusso : cioè un giovane artista che fa tutto manualmente, che collabora con degli artigiani, e non una grossa collezione, perché di base non ha nemmeno tanti soldi, ed è soprattutto qualcosa di non mediatico o troppo esposto, né troppo conosciuto. È qualcosa di ancora misterioso che solo alcune donne eccezionalmente avranno il piacere di scoprire e indossare. Non è qualcosa che trovi nel duty free dell’aeroporto di Shangai o piuttosto a New York, quello non è il lusso, è un fenomeno mediatico, molto costoso ma non è lusso. »

L’evoluzione di Totem è legata a lei, in continuo movimento e alla continua ricerca.

“Nella mia testa io non sono affatto cambiato, fisicamente purtroppo sì, a 54 anni, certo sono cambiato, ma non nel mio modo di pensare, ciò vuol dire che sono sempre molto entusiasta quando occorre esserlo, energico quando è importante essere energici, senza concessioni.”

I social cambiano il modo di lavorare, in che maniera hanno influenzato il suo.

“È indubbio che i social abbiano cambiato il modo di comunicare ma non hanno cambiato me. Il mio modo di lavorare è sempre identico a quando ho iniziato, fondamentalmente non sono una persona che passa la maggior parte del suo tempo davanti a un computer. Mi organizzo appuntamenti su appuntamenti, amo incontrare le persone, preferisco parlare guardandole. Per me è la cosa più importante,  non mandare mail su mail. La stampa digitale inevitabilmente rende molto fragile la carta stampata. Non si va più in edicola per Le Figaro, per i quotidiani, quel mondo è finito come per i mensili. Oggi tutti i giornali godono di miglior salute nella versione digitale che cartacea. Bisogna integrare, fare attenzione all’utilizzo e restare aperti, e penso sia super importante continuare a conservare il contatto, apprezzare la carta stampata perché è da lì che parte anche l’amore per la moda e poi c’è la presse digitale perché se da un lato è formidabile dall’altro canto è da evitare, bisogna fare una scelta mirata.»

All’ultima domanda gli ricordo che « solo » vent’anni prima, l’avevo incontrato, e che questa intervista è stata per me un recap della sua vita, del suo lavoro e anche un po’ della mia. Lui si sorprende e sorride, allora gli rifaccio la stessa domanda di allora quando studentessa alla Sorbona per completare la mia tesi di Master, avevo cercato lui, e la sua impagabile testimonianza.

Quanto sono importanti le relazioni pubbliche nella moda ?

«L’importanza è sempre la stessa, è fondamentale: individuare l’elemento giusto e perseguire l’obiettivo, con tutte le forze, credere nel genio di quello stilista piuttosto che in un altro, nella sua storia, capire tutto di lui, immergersi nella sua vita senza riserve, vivere, amare con lui e amare lui, ciò che ha da dire e farlo capire anche agli altri che nell’immediato non vedono. Oggi gestiamo, organizziamo ed è piuttosto una vita da ufficio, la mia non è stata una vita da ufficio, ma una vita vissuta sul campo, negli studi dei creativi e fotografici. È anche per questo che sono stato uno dei maggiori influencer della mia generazione perché non sono mai stato una persona che vive tra quattro mura, ma « un ragazzo della moda », che lavora al fianco dei creativi, che fa delle cose creative essendo un responsabile stampa della moda e che aveva una relazione forte più che con il computer con i creativi, con le redattrici di moda, con i fashion editor, i truccatori, i modelli e che viveva come loro.

All’ultima domanda, e stavolta davvero l’ultima, mi risponde netto, senza esitazione.

Qual è la sfilata che le è rimasta nel cuore ? 

« 1999, Raf Simons, à la Géode. Ah oui, J’ai adoré »

La risposta appartiene a lui, alla sua vita, al suo modo di vivere la moda. Come non essere d’accordo?

www.totemfashion.com

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