• Share

20° anniversario per Add

In quanto azienda Millennium, avete compiuto i vostri primi vent’anni. Iniziate a essere non solo maggiorenni, ma persone adulte. Come vivete lo sviluppo del digitale, come ha inciso nella vostra produzione e nel vostro progresso di crescita? Vi avvalete di questo strumento?

Soprattutto sul lato delle vendite e della comunicazione. Per quanto riguarda la produzione non c’è stato un cambiamento rivoluzionario. Teniamo presente che il nostro è un consumatore maturo, che acquista un prodotto affordable, ma non distinto. Il nostro atteggiamento è quello di considerare ugualmente i pro e i contro della tecnologia: approcciarci in maniera critica, non perché vorremmo tornare a un passato che non c’è più, ma perché il nostro prodotto si nutre di qualità e di contenuti. Necessita di un approfondimento che la velocità della tecnologia non riesce sempre a supportare.

Eppure voi producete uno dei prodotti più tecnologicamente avanzati che esistano nel settore      dell’abbigliamento, per via dei tessuti, lo studio delle leggerezze, i dettagli, gli accessori….

Nel campo dell’abbigliamento, al di là dei vantaggi che favoriscono più che altro l’aspetto logistico, dal punto di vista dei processi tessili si utilizza ancora la macchina da cucire. Esistono sicuramente delle ricerche, ma non hanno determinato la rivoluzione che invece si era verificata anni prima. L’elemento umano rimane fondamentale, e per fortuna. Si tratta di applicare la tecnologia a qualcosa che è rimasto manuale, quindi la competenza tecnica e la conoscenza dei materiali vengono al primo posto. Nella moda puoi essere tecnologicamente fortissimo, ma se una cosa è brutta è brutta.

Siete stati tra i primi brand italiani a cercare un aperto contatto col mercato e i metodi di produzione orientali. Come valutate quest’esperienza e cosa è cambiato rispetto all’inizio? Come si sono evolute le possibilità di contatto tra questi due mondi?

Parliamo soprattutto della Cina. Diciamo che avendola frequentata nella sua fase di crescita, sono stato testimone di cambiamenti epocali avvenuti in soli vent’anni. Fino a adesso, è stata ed è ancora considerata un’area di produzione, la fabbrica del mondo, ma credo che in futuro il popolo cinese non rivestirà più soltanto il ruolo di esecutore tecnologicamente aggiornato, ma arriverà a essere considerato anche creatore. Credo che in questo secolo ci sarà un cambiamento notevole. Il fatto che sensibilità creative che vengono da più parti del mondo si possano integrare con il nostro gusto milanese lo definirei non solo possibile, ma auspicabile.

Spesso i marchi hanno identità diverse per i vari stati in cui vengono distribuiti. Add risente di quest’influenza o è un brand che costruisce la propria estetica e poi si propone sui diversi mercati?

Almeno nelle intenzioni è la seconda. Diciamo che l’approccio, il dna del prodotto costruito a Milano è unico poi subentrano determinati fattori, dal clima dei singoli paesi alle diverse abitudini culturali. Al momento la Russia è il nostro mercato estero più interessante, proprio per questa sua attenzione all’estetica che si combina perfettamente con la funzione d’uso del prodotto.

Facendo un grandissimo passo indietro, cos’è che ha fatto partire Add?

Negli anni Ottanta e Novanta producevamo piumini per buona parte dei grandi marchi della moda, poi nel 1999 ho accettato di prendere parte a questo interessantissimo progetto. Così mi sono ritrovato il giorno di Natale su un aereo diretto a Shanghai per presentare il nostro primo campionario. Avevamo una collezione veramente minimale, realizzata in sessanta giorni: circa venti capi, tutti rigorosamente neri perchè in tempi così ristretti avevamo potuto procurarci solo il tessuto nero. Il riscontro fu enorme. Da azienda B2B, che forniva altri, ci siamo ritrovati ad occuparci in prima persona di aspetti totalmente nuovi per noi: la presenza sul mercato, la creazione delle collezioni, la comunicazione. È stata una bella esperienza, molto divertente.

By Roberta Bindi

www.adddown.it