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La moda è una cosa seria

In bilico tra creatività e contabilità

Non c’è tempo per fermarsi e riflettere. Il pensiero deve coincidere esattamente con lo sguardo, senza scarti. Il carosello della moda impone tempistiche snelle e scattanti, lo scambio di input e informazioni è veloce quanto un post su Instagram. Funziona così il vortice dell’estetica del vestire, un turbinio costante di sollecitazioni al quale è bello sottomettersi. Immergersi e farsi trascinare dal flusso, particolarmente intenso e coinvolgente in quel periodo dell’anno in cui tutto ruota intorno agli eventi più importanti: le fashion week, diventa un vero piacere. Apre le danze New York, con un numero di défilé in continuo e quasi ingestibile aumento, seguita senza sosta dalle passerelle milanesi, che precedono di un soffio quelle parigine. Nel villaggio globale, in cui le distanze si accorciano e la fruibilità diventa trasversale e democratica, è necessario proporre collezioni in grado di coinvolgere il maggior numero possibile di consumatori, realizzando l’auspicabile connubio fra creatività e mercato, ossessione e discriminante principale per decretare il successo di un marchio. Il rapido e costante cambiamento della nostra società e dei valori che la governano si legge anche in ciò che decidiamo di metterci addosso, una questione di inevitabile coerenza e senso di contemporaneità, che trova soluzione nella scelta di un qualcosa e del suo opposto. Per tutti i gusti e per tutti i momenti. Emozioni che si confrontano, si contraddicono trovando nella diversità il punto di contatto, un caleidoscopico ensamble, manifesto del savoir-faire delle Maison in gioco. Luci e ombre: le geometrie razionaliste convivono con delicati bouquet floreali, mentre elementi bon-ton da brava ragazza assumono un piglio maschile grazie a capispalla, che prediligono i tweed caldi dall’aspetto ruvido. Effetto cocoon per la maglieria: tricottati in versione melange, jacquard, con pattern scandinavi, coste , righe e pois, il tepore addosso. Il lusso in versione estrema è interpretato dalle pellicce, davvero tante, accanto eccole in versione eco: glamour. E poi dai cristalli, dai broccati d’antan e dai bagliori aurei che evocano il trasporto per un senso borghese del benessere, convalidato dall’enfant terrible Alessandro Michele, direttore creativo di Gucci, che, a pieno titolo nel gotha della moda e insignito di premi e diversi riconoscimenti anche commerciali, oltre ad essere responsabile del ritorno del lurex, gioca di nuovo alle bambole e diventa il nuovo Hedi Slimane. Copiatissimo e instancabile ideatore di must-have e wish-list, con un modo di intendere la moda attento all’uso dei social, in linea con lo Zeitgeist dove tablet e smartphone diventano i nuovi influencer, a cui tuttavia è bello rinunciare per godersi l’attimo. Ma la moda è rivoluzione e turnover, ed ecco che nell’ambito di Milano Moda Donna fanno il loro ingresso nuove leve dalla fervida immaginazione: sfilano per la prima volta in calendario Diesel Black Gold, Atsushi Nakashima, Lucio Vanotti, Giada, Mario Dice, Piccione.Piccione, brand della new wave della moda italiana e Ujoh, il designer ospite di Giorgio Armani, la rivelazione più interessante della stagione, da tenere d’occhio. Un calendario fitto e nutrito, che oltre alle sfilate ha visto disseminate per la città ben novanta presentazioni, a cui dedichiamo una sezione, da scoprire in atelier e spazi dedicati, come quella di Gianluca Capannolo, che un attimo prima di lanciare in passerella la sua collezione, ci racconta l’evoluzione del suo stile con entusiasmo contagioso o Giulia Marani, figlia d’arte, anticonformista e con una visione chiara di quello che la moda significa per le nuove generazioni: libertà.

Decio Vitali

Collezioni Donna n.170 a/w 21016/17